Dal Totemismo al Monoteismo

Se oggi è possibile ripartire la popolazione mondiale in aree geografiche in base alle religioni più diffuse, è possibile anche definire storicamente a grandi linee quale tipo di religione abbia corrisposto alle epoche storiche fondamentali. È possibile cioè definire la religione tipica per l'antica società senza classi, la società schiavista, quella feudale e quella borghese. Lo stesso cristianesimo in duemila anni di storia è passato attraverso fasi diverse del modo di produzione, adattandosi ai cambiamenti: da quello delle origini nell'impero romano, carico di aspettative per la massa dei diseredati, allo strumento di dominio e di potere dell'epoca feudale, fino a produrre un movimento ereticale e protestante in grado di esprimere gli interessi del capitalismo contro il feudalesimo e infine all'attuale epoca imperialista.

L'umanità crea gli dei a sua immagine e somiglianza. Prendendo coscienza delle strutture di vita associata crea una pluralità di dei, mentre in seguito, con l'avvento delle monarchie schiaviste dell'antichità approda a teologie monoteistiche. Non poteva affermarsi l'idea di un solo dio in cielo finché in terra non si realizzava il dominio di un solo signore.

Nella fase primitiva, dominata dai rapporti di parentela, si afferma il totemismo, basato su un rapporto immaginario tra il clan e un animale o un vegetale, da cui il gruppo umano crede di discendere e di cui non ci si può cibare se non durante i riti sacri: esso non è considerato superiore agli uomini, perché nella pratica sociale nessun ceto si è ancora imposto sugli altri. Ciò sviluppa un sistema cooperativistico tra clan, perché il membro di un clan trova sostentamento giornaliero solo negli animali cacciati da altri clan, che in quanto sacri non possono essere da questi consumati. Da queste radici totemiche può presumibilmente derivare l'uso di non mangiare carne suina presente tra le popolazioni ebraiche o il digiuno in certi periodi per cristiani e musulmani. La necessità di accudire animali sacri può forse aver spinto ad intraprendere l'allevamento.

Con il passaggio all'agricoltura il culto dell'animale-antenato si dissolve nel culto della natura. A questo punto l'idea che l'animale divinizzato possa nuocere e quindi debba essere propiziato con sacrifici è il riflesso religioso di una nuova società basata sul potere discrezionale di una casta dirigente. È sconosciuta la distinzione tra spirito e materia e il culto dei morti ha senso perché si crede che questi continuino a vivere; i confini tra religione e magia sono indefiniti e l'uomo pensa di poter vincere le avversità naturali con pratiche magiche propiziatorie, da cui discende la preghiera.

L'idea del trascendente non è innata, ma penetra nella coscienza come conseguenza del passaggio alla società divisa in classi: nasce così l'esigenza di far fronte alla nuova condizione basata sulle differenze sociali e la percezione della loro ingiustizia. Da questa base oggettiva il concetto di trascendenza segue un'evoluzione storica su un piano diverso da quello delle forze economico-sociali e diviene valido di per sé.

Nasce l'idea del miracolo che, in presenza del monopolio del potere da parte delle classi dominanti, rappresenta la sola possibilità (soprannaturale) per soddisfare le esigenze umane (la moltiplicazione dei pani e dei pesci). E sorge il concetto di creazione che sostituisce l'ingenuo materialismo proprio del primitivo che non si pone il problema da chi o da che cosa sia stato creato.

La società schiavista è caratterizzata dal politeismo, una complessa gerarchia di dei e semidei. Il culto nei templi è riservato alle classi dominanti, tanto da creare una sorta di dualismo tra gli dei dei potenti e gli spiriti del popolo. Il mistero del dio che muore e che risorge ispirava già i culti popolari in Mesopotamia, in Grecia e a Roma cinque o sei secoli prima del cristianesimo. Mentre l'idea del primo uomo, il biblico Adamo, è l'assimilazione di antichi miti babilonesi.

Le religioni ufficiali giustificano lo schiavismo e condannano le rivolte degli schiavi. Tra le più celebri, la prima avviene in Sicilia, il granaio di Roma, dove nel 139 a.C. gli schiavi ribelli riescono a conquistare diverse città e, forti di un esercito di 200.000 uomini, riescono a resistere a lungo alle truppe romane. Poi sempre nell'isola, un' altra rivolta divampa tra il 104 e il 99 a.C.; e infine la più famosa, tra il 73 e il 71 a.c., è quella di Spartaco, definito da Marx l'uomo più folgorante della storia antica ( ... ) un personaggio nobile, veramente rappresentativo del proletariato dell'antichità (lettera ad Engels, 27/2/1861).

Con la sconfitta degli insorti e il supplizio in massa dei prigionieri (seimila seguaci di Spartaco sono crocifissi lungo la via Appia tra Roma e Capua, luogo da cui è partita la rivolta, 8.000 sono quelli dopo la sconfitta in Sicilia) si rafforza tra le masse oppresse l'idea di salvezza attraverso la sofferenza e nasce il mito dell'eroe che difende i deboli ed è in grado, pur crocefisso, di risorgere e di indicare una via di riscatto. Dalla sconfitta della rivoluzione degli schiavi nel mondo reale, nasce l'aspirazione ad un mondo celeste in cui siano premiati gli oppressi e puniti i loro carnefici.